FADE OUT, UNA SEDUTA PSICONAUTICA PER DISSOLVERE SE STESSI. PROVA D'ATTORE AL TEATRINO DELLE SEI

(Carlo Vantaggioli)- C’è un motivo per parlare di nuovo della Via Psiconautica a Spoleto54? All’apparenza parrebbe di no, tutto quanto c’era da sapere infatti lo si è già detto lo scorso anno per bocca di Roberto Ruggieri e dello ieratico Ludwik Flaszen, mentore del Cut (Centro Universitario Teatrale di Perugia), (CLICCA QUI). Ma tornare sul luogo del delitto, a parte il fatto che è compito quasi sempre dei killer seriali, provoca in noi una certa soddisfazione “negativa” intesa come realizzazione dell’insegnamento di Jerzy Grotowski, ideatore del Teatro Povero di Breslavia (1965), e da cui si dipana la via negativa, quella che toglie all’attore e alla sua performance invece di aggiungere, fondamento dell’esperienza e del lavoro del Cut. Poiché citarsi non è educato cercheremo quindi di capire cosa si è “tolto” nel lavoro teatrale “Fade Out” visto ieri sera al Teatrino delle Sei, umidissimo anche più del solito. Innanzitutto la scena, assente, fatte salve numerose sedie vuote, e poca illuminazione. Una base musicale, un pezzo smaccatamente soul cantato presumibilmente da Tom Jones, ripetuto all’infinito con alti e bassi di volume che seguono l’andamento della recitazione in un “togliere” attenzione continuo rispetto al senso delle parole. Una sedia su cui si adagiano due corpi femminili che nel contesto della performance poi potrebbero anche essere, e forse lo sono, un solo elemento. Un demiurgo onnipresente – il regista Roberto Ruggieri- che eliminate le parole guida il tutto con la sola presenza e rarefatti gesti al rallentatore. Quello che non manca è il fiume di parole delle attrici Emanuela Filippelli e Irene Lepore che immobili o poco più, cercano di svuotare se stesse di ciò che è in loro contenuto, per togliere ancor più dal proprio“se”, se questo sia possibile. Una tensione recitativa che abbraccia anche il pubblico zittito che assiste senza fremiti e rinunciando a muoversi anche poco, come contaminato. Il tema ? E che importanza può avere se in effetti si sta cercando di eliminare qualcosa. Potremmo dire paccottiglia, ma anche residui dell’Es freudiano, visto il richiamo insistente al rapporto tra uomo e donna e ad elementi fisici e sensoriali, cosce, organi sessuali, piaceri orgasmici, e feticismi come quello del piede (forse la parte più ammiccante verso il pubblico, da vecchi teatranti, poco psiconautici). Un anima, forse due, che si decanta e ribella al creatore. Come se il Golem non obbedisse più al Rabi Jheuda ed iniziasse con la sua eccezionale forza anche a pensare e decidere per se. Bello? Forse. Se a furia di togliere non si sia eliminata anche ogni sorta di propedeutica verso chi assiste. In questo Ruggieri bypassa il suo stesso mestiere che è quello, in fondo, di insegnare e fornire strumenti interpretativi. Inoltre niente foto e video, tanto per gradire. Da qui a raggiungere l’illuminazione grotowskiana ci corre un intero Oriente, se ci è concesso il riferimento ad una via spirituale, che toglie e aggiunge in costante equilibrio. Le due attrici ce la mettono davvero tutta, e la loro fatica raggiunge apici in cui le parole si impuntano più volte. Belle anime e disperate nel contempo. Ruggieri, è un cattivissimo padre-padrone in calzoni rossi e giubetto da cacciatore, presupponente quanto basta. Lui è davvero l’unico che non toglie nulla dal proprio “se”, altrimenti che Demiurgo sarebbe? Un pubblico giovane, forse molti ex-allievi, che seguono il Cut come una sorta di rito fideistico e molti altri potenziali spettatori che non sono potuti entrare. Ma su questo aspetto non diremo nulla per lasciare ai severi censori del Festival, il loro mestiere. Ci limitiamo a raccontare se possibile, ciò che si è visto, deludendo però Ruggieri ed i ragazzi del Cut. A noi “Fade Out”, non ha tolto nulla. Questa sera alle 17,15 l’ultimo spettacolo del Cut al Teatrino delle Sei, sicuramente da prendere in considerazione.

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