“UN POSTO LUMINOSO CHIAMATO GIORNO” ACCENDE IL FESTIVAL. FOLGORANTE L’APPARIZIONE DEL DIAVOLO (Foto I. Trabalza)

di Luca Biribanti

Peccato che alla chiusura del sipario si siano sentiti gli applausi di un pubblico poco numeroso, perché lo spettacolo rappresentato a San Niccolò ieri sera, su testo di Tony Kushner per la regia di Lorenzo d’Amico Carvalho, “Un posto luminoso chiamato giorno” è stato delizioso. L’interno di una casa qualsiasi di un’attrice borghese, Agnes, è la scenografia statica di episodi che si susseguono con ritmo veloce alla vigilia della proclamazione di Hitler come Cancelliere del Reich. La Repubblica di Weimar è ormai un miraggio e i venti rivoluzionari che soffiano da Est hanno avvolto anche la Germania del 1932. Agnes aderisce con entusiasmo alle idee comuniste, ma la passione del singolo rimane prigioniera nel rigido apparato burocratico del Partito Centrale che non consente devianze dalla linea generale fissata dal Komintern; difendere la Rivoluzione nella madre Russia. I protagonisti sono intellettuali (Agnes, un esperto di sessuologia, un trozkista,  un’economista e un’attrice) del ceto borghese che si interrogano su quanto la Rivoluzione possa essere una strada percorribile in Germania nel momento in cui Hitler sta rafforzando il suo consenso tra le masse. A intervallare il filo di conduzione della vicenda si aprono squarci meta – teatrali con gli interventi di Zillah, operaia americana degli anni ’80, che, con un’aspra critica al sistema politico-finanziario americano, rivolgendosi direttamente agli spettatori, invita a riflettere su come il Male sia una forza dominante in ogni epoca storica nelle sue forme più diverse. È il 1933 e Hitler è nominato da Hindenburg Cancelliere del Reich: i venti rivoluzionari si placano, tutti comprendono che è l’inizio di un nuovo corso, tranne Agnes che rimane isolata nella sua passione visceralmente ideologica in cui trova rifugio dalla solitudine. Di straordinario livello drammatico è la scena della negromanzia: il trozkista evoca l’apparizione mefistofelica del Diavolo in persona che irrompe sulla scena come la personificazione del Male e della Distruzione. Una voce d’oltretomba risuona nel teatro mentre il Diavolo si muove come una Menade, un invasato o un posseduto, assumendo, con scatti repentini e rigidi del corpo, posizioni ora di rettile, ora di bestia, in un delirio di onnipotenza distruttrice. Il Terzo Reich era alle porte.

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Foto Ivano Trabalza Studio per Tuttoggi.info