FESTIVAL, PIETRO GRASSO A SPOLETO “PER NON MORIRE DI MAFIA”. NEL NOME DI FALCONE E BORSELLINO (Foto I. Trabalza - Lunedì 28 Intervista su T9 h 14, replica alle 20 su 877Sky)

di Carlo Ceraso

Nella sua vita di uomo e di magistrato ha fatto tre giuramenti. Tre tappe che segnano e sostengono l’opera di Pietro Grasso, il Procuratore nazionale antimafia, il nemico n. 1 di tutte le mafie presenti in Italia. Il primo risale a 41 anni fa quando, giovanissimo vincitore di concorso per uditore giudiziario (aveva 24 anni), davanti al tricolore giurò fedeltà alla Repubblica. Il secondo all’indomani di quel maledetto 23 maggio 1992 quando cinquecento chili di tritolo fecero saltare in aria Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Di Cillo, Montinaro e Schifani: davanti al feretro dell’amico e collega, Grasso giurò a sè stesso che avrebbe fatto di tutto per schiacciare la testa a Cosa Nostra. Come si fa con le vipere. Non poteva sapere che di lì a due mesi avrebbe dovuto piangere anche la perdita di Paolo Borsellino.

In mezzo la promessa più importante, quella di amore che ogni giorno si rinnova con la moglie, la signora Maria, la donna che ha deciso di rimanere al suo fianco costretta ad una vita blindata.

A Spoleto Pietro Grasso è arrivato per la Prima di “Per non morire di mafia”, la piece teatrale tratta dall’omonimo libro scritto dallo stesso magistrato insieme ad Alberto La Volpe (Sperling & Kupfer), il giornalista della Rai già direttore del Tg2 e conduttore del programma “Lezioni di mafia”, ideato proprio da Falcone.

Un successo editoriale che vanta già sette edizioni e che ha convinto l’associazione SiciliaTeatro a portarlo in scena per la regia di Alessio Pizzech e l’interpretazione di Sebastiano Lo Monaco.

Un libro attraverso il quale Grasso ripercorre l’evoluzione di Cosa Nostra, le stragi di Capaci e Via D’Amelio, gli intrecci fra mafia e politica fino a disegnare le nuove mafie che negli ultimi venti anni si sono infiltrate nel nostro Paese. Dagli anni in cui, bambino, amava giocava per i vicoli di Palermo a “tana libera tutti” per liberare tutti gli altri bambini, per arrivare ai giorni nostri dove la ‘tana’ riesce a farla ai mafiosi per metterli dietro le sbarre.

In Piazza del Duomo arriva a piedi, insieme ai suoi cinque angeli custoditi, gli agenti che lo proteggono giorno e notte. E’ in anticipo rispetto all’apertura del sipario perchè ha accettato di incontrare la stampa. Il luogo dell’incontro (la saletta riservata del Tric Trac) viene comunicato solo all’ultimo momento. Grasso si accomoda su un tavolo tondo e vuole intorno a sè i giornalisti.

Un dolce sorriso accompagna ogni sua risposta, anche quelle alle domande più dolorose come il ricordo di Falcone e Borsellino.

Procuratore cosa ha pensato quando le hanno chiesto di portare in scena il suo libro, ovvero di rappresentarla sul palco?“C’è stata una lunga trattativa perchè ero contrario. Quando mi fu fatta questa proposta dissi “no, no, non se ne fa niente”. Poi, piano piano, ho cambiato idea e l’ho accettata”

Con quale stato d’animo si accinge a vedere questa rappresentazione?“Ho un pò di timidezza nel vedermi rappresentato. Sto cercando di mettermi in una posizione di distacco, do per scontato che quello che andrà in scena non posso essere io....e faccio anche qualche scongiuro” risponde Grasso

Quanto può essere importante la cultura nella lotta alla mafia? “E’ uno degli elementi più importanti perchè viviamo un momento di crisi non solo economica ma anche di valori. Certo, prima di tutto viene l’ordine sociale ed economico; quando non si ha da mangiare è difficile parlare di cultura, di cultura della legalità”

Quel maledetto 23 maggio doveva essere insieme a Giovanni Falcone e solo per una fortunata coincidenza non prese quel volo per Palermo. Che rapporto ha con la morte? “Ci sono stati tanti momenti in cui sono stato sfiorato da questa ‘Signora’ che alla fine ho accettato l’idea della fatalità. I maggiori pericoli, ironia della sorte, li ho corsi quando mi sentivo più sicuro. Con Falcone e Borsellino scherzavamo spesso sull’idea della morte, era un modo per esorcizzarla. Ricordo ancora le battute quando entravamo in Tribunale e notavamo una unità mobile dell’avis parcheggiata lì davanti. Una volta, eravamo a cena in riva al mare e notammo una lampara che si avvicinava alla terraferma. Eravamo un pò turbati da quella presenza. Giovanni (Falcone, n.d.r.) ordinò una bistecca e il cameriere gli chiese ‘al sangue dottore?’...scoppiammo in una risata”.

Al termine dell’incontro il Procuratore Grasso si è concesso ad una lunga intervista a Spoletofestivalcorner che andrà in onda domani su T9 alle 11.45 e alle 14 (replica alle 20 su 877Sky).

Ad attenderlo fuori dal ristorante, in vista dello spettacolo, ci sono alcuni magistrati del Tribunale di Spoleto a cominciare dal Procuratore capo Gianfranco Riggio. Il sipario si apre.

Tocca ora, sul palco del Caio Melisso, a Salvtore Lo Monaco, ripercorrere i difficili anni della lotta alla mafia.

Su una megalavagna, l’attore ripercorre le date più importanti, i nomi dei martiri, l’idea del Pool voluto da Antonino Capponetto, la geniale intuizione di Falcone nel realizzare la Procura antimafia.

L’interpretazione di Lo Monaco è perfetta anche se il ritratto di Pietro Grasso ne esce forse un pò troppo cupo, triste, diverso dall’uomo e dal magistrato che abbiamo conosciuto nell’incontro di poco prima. Un lungo applauso saluta la fine dello spettacolo con il Procuratore e la moglie, visibilmente commossi. L’intero Teatro si alza e tributa un lungo applauso. Alla compagnia teatrale, certo, ma anche a questo magistrato siciliano, a questo ‘esempio’ vivente che ha deciso, come molti altri, di non arrendersi. Per non morire di mafia.

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Foto Ivano Trabalza per Tuttoggi.info