PRIAMO-PLACIDO SALVA GRECI E TROIANI IN UN "TROILO VS CRESSIDA" UN PO' OFF (foto I.Trabalza)

di Luca Biribanti

I Greci di Agamennone vestiti come una ciurma di pirati, con Diomede nelle vesti di un rapper in stile Eminem, la famiglia regale troiana presentata come una banda di Cosa Nostra in giacca e cravatta, aggiungiamo un testo che non ha la forza di sostenere un unico atto della durata di 2 ore e abbiamo il risultato di uno spettacolo poco coinvolgente e comprensibile per chi non conosca l'opera di Shakespeare Troilo e Cressida (dramma in 5 atti databile intorno al 1601).

Il classico è per definizione un testo sempre attuale e la ricerca estrema di riadattare la sceneggiatura a tempi moderni, magari col buon proposito di renderla fruibile a tutti, spesso produce l'effetto contrario. Il testo curato da Ricci e Forte per la regia di Piero Maccarinelli, andato in scena ieri sera al Chiostro di San Nicolò, doveva essere un tributo all'amore che Vittorio Gassman (di cui ricorre il decennale della scomparsa) nutriva per l'autore inglese, ma il completo stravolgimento dell'approccio shakespeariano al teatro classico ha negato i valori universali espressi dalla drammaticità dei personaggi.

Elena, pur nella sua sensuale bellezza, non è sembrata convincente nei panni di una soubrette in preda a una crisi isterica prima del debutto televisivo, ancora meno significativa nell'usare le travi dell'impalcatura voluta come scenografia come pali per lap-dance. Lo svuotamento dei tratti eroici di Achille, visto come una star del cinema ormai paga del suo successo, il ruolo di Patroclo ridotto a ruffiano dell'eroe greco, privano il significato del testo di qualsiasi connotazione drammatica. L'originale ha in sé questo aspetto grottesco che spesso sospende lo stato d'animo dello spettatore tra il riso amaro e l'angoscia più profonda, ma mantiene un pathos costante che non si trasforma mai in farsa.

Se l'intenzione era quella di desacralizzare il mondo dei valori classici per mettere in evidenza, invece, le forze della Sensualità, del Potere, dell'Ambizione, dell'Orgoglio, allora la percezione del pubblico in tal senso è stata piuttosto tiepida. Nel complesso lo spettacolo somiglia più a una commedia del teatro romano plautino, con Tersite ideale personaggio del servo narrante.

Ma fortunatamente, un Michele Placido in grande forma, nel ruolo di Priamo e un pò "pater familias" per i giovani di Maccarinelli, squarcia con un lampo di luce il modernismo, quasi modernariato, di Ricci e Forte facendo comprendere bene alla platea che la classe di un grande attore è indipendente anche da un testo, questa volta decisamente off.

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Foto: Ivano Trabalza