FESTIVAL, PUBBLICO E ATTORI EROICI PER LA PRIMA “LE CONQUISTE DI NORMAN”

(Francesco De Augustinis) - “Eroici loro, eroici noi”, è stato il commento di uno degli ultimi spettatori che hanno abbandonato la sala del Chiostro di S. Nicolò questa notte quando, al termine della Prima “Le conquiste di Norman”, l’orologio segnava quasi le 1 e 30’. L’orario non era dovuto alla lunghezza della pièce, ma alla pioggia che sempre più frequente ha cominciato a cadere su attori, pubblico e apparecchiature di scena all’inizio del secondo atto, costringendo la compagnia ad una imprevista (ma quanto?), lunga, interruzione. “In giardino” è la prima delle tre parti che compongono la trilogia comica “Le conquiste di Norman” di Alan Ayckbourn, commediante inglese, autore di innumerevoli spettacoli pluripremiati dal pubblico tra Broodway e le scene londinesi. La compagnia, The Kitchen Company, è invece di ritorno a Spoleto dopo i consensi riscossi lo scorso anno con lo spettacolo “Un piccolo gioco senza conseguenze”. Si tratta di una compagnia di giovani nomi diretti da Eleonora d’Urso: tutti costretti, stanotte, a dimostrare valore e sangue freddo per l’evolversi della situazione. Lo spettacolo era in programma all’aperto, sotto il cielo del chiostro di S. Nicolò, senza coperture per il palco nè per le tribune appositamente allestite attorno ad esso (né per le strumentazioni dei tecnici). La sfuriata temporalesca che ha colpito Spoleto il pomeriggio aveva messo in allarme l’organizzazione e la compagnia, che ha aspettato fino all’ultimo per decidere se spostare lo spettacolo nel teatro interno del Chiostro, occupato però dalle scenografie di un altro evento del Festival. E poi “Il giardino” della scenografia doveva per forza essere al centro del pubblico, a “tutto campo”. Così la decisione, mentre il cielo si apriva: lo spettacolo si fa fuori. Alle 22.30 le piccole tribune si sono riempite, anche se molti posti sono sorprendentemente rimasti vuoti. Ed ecco iniziare lo spettacolo, con due attori a salire sul “ring” circondato dagli spettatori, che si andavano scaldando man mano che anche chi era sul palco si scaldava, e il gioco della comicità iniziava a far girare i suoi ingranaggi. Sei personaggi si alternano sulla scena, dando vita insieme alla scenografia essenziale ad un giardino inglese nel centro di Spoleto, dove va in scena una brillante “sit com” teatrale, giocata sugli equivoci, sulle entrate irruenti, sulle battute a bruciapelo. La storia inizia a prendere forma: tre coppie di personaggi dai caratteri più disparati - agli estremi del genere umano - si intrecciano, si accoppiano e si “scoppiano” nel giardino, il tutto per l’imprevedibilità di Norman, il protagonista, seduttore e ribelle, che scompiglia l’estrema normalità degli altri. Intorno a Norman prende ritmo lo spettacolo, fino a quando un macigno cade sulla scena, o meglio, le prime gocce cadono sulle teste di attori e spettatori. Pochi minuti, si accendono le luci di sicurezza e tutti si rifugiano sotto ai portici del Chiostro, con i tecnici affannati a coprire di corsa le apparecchiature. Come portare a termine lo spettacolo? Tra il pubblico, c’è chi protesta, chi se la prende con la regista, chi con il Festival, chi con il parcheggio che potrebbe chiudere se si fa troppo tardi. Ma quel che colpisce è l’amarezza della D’Urso che, pur mantenendo una encomiabile calma, vede andare in fumo “sette mesi di duro lavoro”. Colpisce però anche come il pubblico voglia vedere come andrà a finire lo spettacolo, sceno dell’affetto che la Compagnia ha saputo conquistare dalla scorsa edizione fra gli spettatori del Festival. Dopo una lunga serie di telefonate con l’organizzazione, arriva la decisione: la scenografia, che diventa ancor più essenziale, andrà nello spazio tra il palco e la platea del Teatro interno. Non tutto il pubblico resiste all’attesa, il sonno e la stanchezza sembrano averla vinta sulla ‘curiosità’ per la rappresentazione. Ma lo spettacolo che si pone agli “eroici” spettatori alla fine è quello di una giovane compagnia di ancor più “eroici” attori che, in uno spazio improvvisato, con i tremori della Prima, senza fonica e con un pubblico sul chi va là, porta brillantemente a termine la commedia. Di nuovo il secondo atto, e tutti i due atti della seconda parte, in un giardino ricreato con ancor più magia e immaginazione, sulla moquette della sala interna del Chiostro, senza piante né particolari scenografie, con le luci di sala accese. “Un teatro, nel teatro, nel teatro, nel teatro”, davvero la quintessenza dell’avanguardia, come sdrammatizza la stessa D’Urso ringraziando gli spettatori per la pazienza. Pazienza ripagata a pieno, a giudicare dalla soddisfazione dei “superstiti” e dagli applausi prolungati che hanno accompagnato l’uscita di scena della piccola compagnia.

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