ELIO FA PELO E CONTROPELO AL FESTIVAL DI SPOLETO. AL ROMANO L’OMAGGIO A FIGARO: TRA MUSICA, BEL CANTO E AMMICCAMENTI (Foto – Guardalo)

“Sono forte sulle note lunghe, un po’ meno su quelle alte”, ammicca al pubblico Elio, dopo aver prolungato all’inverosimile la seconda sillaba del nome più fischiettato della lirica italiana. “Figaro, il barbiere di Siviglia”, a parte questa gag già regalata a Sanremo 2008, è nel complesso una divertente sorpresa. Niente parrucche con finti boccoli. Poche allusioni spinte, troppo attese per diventare esplicite e tuttavia perennemente aleggianti. Piccoli grandi slanci vocali. Ma soprattutto, un inedito spirito divulgativo. Il debutto assoluto dell'opera, un libero racconto scritto da Roberto Fabbriciani, che accompagnava Elio al flauto, ha richiesto sabato sera quell'attimo necessario per afferrarne le coordinate e a goderla fino in fondo. Davanti a un Teatro Romano quasi interamente pieno, Elio senza le Storie Tese (ma accompagnato al pianoforte dal maestro Massimiliano Damerini), si è proposto in versione Roberto Benigni. Impegnato nel tentativo di sdoganarsi dall’immagine di “diavoletto irriverente”, per viaggiare verso una nuova maturità artistica. Innamorato dell’opera lirica di Rossini, come il comico toscano lo è della “Divina Commedia”. Ansioso di condividerne con la platea i segreti e la bellezza e perfino scrupoloso nella spiegazione dell’intricatissima trama. Il tutto adeguatamente cosparso della bizzarra e surreale ironia per cui tutti avevano pagato il biglietto. Il cantante milanese, vestito da barbiere moderno, ha intrattenuto per un’oretta abbondante il pubblico del Festival di Spoleto con una personalissima e coinvolgente “lettura critica” dell’opera in cui ha trovato spazio un po’ di tutto: pezzi di monologo in accento siculo-lombardo, ampi intermezzi musicali, perfino un brano di Carlo Emilio Gadda sul melodramma. Mentre insaponava (letteralmente parlando, con della schiuma da barba) il clarinettista Fabio Battistelli e Fabbriciani, Elio ha trovato il modo di coinvolgerli nelle gag e, contemporaneamente, d’illustrare a loro e alla platea il quadro socio-economico in cui maturò l’opera di Rossini. “Figaro è una perfetta incarnazione della nuova borghesia in ascesa, estremamente pratica e sensibile alle ragioni del denaro. Lei invece non mi paga da quattro mesi” – spiegava al suo cliente in uno dei tanti passaggi sospesi a metà, tra la pastosità del linguaggio accademico e la risata liberatoria. Nel tragitto dai Palasport all’arena impegnativa del Festival di Spoleto il cantante della "Terra dei cachi" non ha insomma rinnegato sé stesso ed è riuscito nel miracolo di non sembrare troppo contratto davanti a un pubblico non giovanissimo. Pur mitigando di molto l’irriverenza feroce che ha reso famosa la sua band, ha fatto ridere e ha svolazzato con la voce sulle arie rossiniane. Dove non arrivavano le corde vocali, Elio ci ha messo l’ironia, le doti istrioniche e la sua grande capacità di ammiccare con successo al pubblico grazie a uno humor paradossale e allegramente “sfigato”. Peccato solo per il dopo spettacolo, quando si è presentato ai fan con volto imbronciato e sbattuto ed è scappato da giornalisti e telecamere aggrappato al suo manager. Troppo simile, per essere vero, ai leader figheggianti delle band che lui e le sue Storie Tese sanno parodiare così bene. (Martino Villosio)