“LE NUVOLE” DI LATELLA SPACCANO IL PUBBLICO (1): FRA FUGHE CLAMOROSE… (Foto)

Visto un ex membro della giunta spoletina abdicare alla propria poltrona in sala, approfittando dell'intervallo tra primo e secondo tempo. Visto un grande narratore sudamericano (Vargas Llosa), seduto in terza fila con la consorte, sgattaiolare via nello stesso modo dopo aver assistito al primo tempo della commedia con il volto impietrito di una sfinge. Vista (da tutti) una signora abbandonare la platea nel modo più plateale, a metà del secondo tempo, marciando via indignata tra il brusio divertito del pubblico e sotto lo sguardo esterrefatto di un attore in gonnella. Sentiti gli applausi fragorosi di una parte del teatro, a fine spettacolo, con alcune significative defezioni: mogli e mariti con le braccia ostentatamente conserte, esausti e perplessi davanti alla proposta di Antonio Latella. E’ quanto successo a "Le nuvole", la commedia di Aristofane prodotta dal Teatro Stabile dell'Umbria e portata in scena al Teatro Nuovo di Spoleto dal regista di Castellamare. Uno degli eventi più attesi al Festival dei Due Mondi, che nella produzione ha collaborato. Una di quelle opere, destinate per forza a dividere: la trama essendo già tutta lì, pronta e confezionata, presente nelle reminescenze liceali di tanti. La lettura interpretativa, invece, spietatamente esposta all'approvazione o al rigetto del pubblico. "E one, e two, e one two three". L'ingresso sul palcoscenico di Massimiliano Speziani, intorno alle 20 e 30, ha chiamato attenzione e spento il brusio. Poi il buio in sala, e via con le sorprese. L'anziano Strepsiade, interpretato da Annibale Pavone, si alza dal fondo della platea e inizia a lamentarsi, passeggiando tra il pubblico, dei creditori che lo assediano e del figlio Filippide, che sul palco è un pupazzo deforme e ventriloquo, pigro e impertinente, animato con buona interpretazione da Speziani. Quest'ultimo impersona anche Socrate, il filosofo che Aristofane guardava con scetticismo e alla cui scuola Strepsiade vuole inviare il figlio, perchè impari a prevalere in ogni scontro dialettico, anche in posizione di torto, aiutandolo ad eludere i creditori. Non riuscendo a convincere Filippide, il vecchio decide di recarsi personalmente nel "Pensatoio", che Latella ha tradotto con una piccolissima casetta sul fondo del palcoscenico, dove lo accolgono personaggi da “Cage aux folles”. Marco Casciola è un discepolo assai gentile, dai modi ambigui e raffinati, che illustra a Strepsiade alcune delle assurdità che vengono partorite nella scuola. Spunta poi Socrate, leggermente sollevato da terra e con due palloncini in mano, che saluta Strepsiade al grido giulivo ed effeminato di "follow me follow me". La famosa scena, con cui il conservatore Aristofane inizia la presa in giro delle nuove filosofie, accusate di fuorviare la gente con discorsi astratti e senza senso, è anche il primo esempio di una tensione attualizzante con cui Latella ha spolverato tutta la commedia. A volte strappando il sorriso, più spesso risultando stucchevole. Alcune "trovate", tra cui Maurizio Riffa in collant nel ruolo di una presentatrice, a moderare con i propri pigolii il celebre dibattito tra Discorso Giusto e Discorso Ingiusto, hanno ammiccato con successo alterno al pubblico. In bilico tra l'intuizione geniale, e la trovata da saggio di fine anno alla scuola media. Alcune concessioni verbali un po' grevi, che hanno disturbato una parte del teatro, sono invece da ricondurre al modello di Aristofane: "Mi dispiace se qualcuno si è sentito urtato, ma il linguaggio comico nell'Antica Grecia era questo. Anzi, per certi versi abbiamo persino edulcorato lo stile aristofaneo, volutamente aggressivo e provocatorio. Se le reazioni sono state discordanti, lo prendo come un segnale positivo", ci ha detto Latella dopo uno spettacolo in cui il pubblico pagante è stato definito, per paradosso dialettico, "massa di rottinculo” come in un happening futurista. "Il primo tempo mi è piaciuto molto - commentava invece Benedetta Gelsi, che ha visto dalle prime file lo spettacolo - ma nel secondo tutti quei riferimenti alla politica mi sono sembrati un po' troppo insistiti, forzati". Le scimmie che giravano per il palco nel finale, una delle quali con la fascia tricolore, sono per Latella "un chiaro riferimento a chi non considera le persone come individui, ma bensì come numeri". Soluzione un po' troppo scontata, per un registra dal talento così ampiamente riconosciuto? "Aristofane si prestava molto bene al gioco politico". Ecco dunque perchè, quando il giovane Filippide si convince finalmente a frequentare il Pensatoio, Marco Cacciola (interprete del Discorso Giusto e del conservatorismo di Aristofane) si sgola e parla come Mussolini. Ecco perchè Socrate, nel formulare il discorso ingiusto, rivendica il diritto a godere della vita e l'importanza del sesso nell'orientare le carriere. Accanto ad allusioni fin troppo facili da raccogliere, in queste "Nuvole" ci sono sprazzi tutti da interpretare: per esempio il muro di scheletri che a un certo punto viene calato lentamente sul palco, per formare una costellazione di ossa dal forte impatto scenografico. "Non c'è un significato univoco, ma soggettivo. Qualcuno ci vede l'Apocalisse, altri il Giudizio Universale, io ci vedo qualcosa al di sopra di tutto questo" - è la spiegazione del regista. Da decifrare anche le ampie ed estemporanee pause canore, riservate ai pregevoli assoli di Maurizio Rippa: "Per alleggerire un po' la commedia, la sua analiticità". E' stata questa una buona ragione, per infilare in mezzo a "Le Nuvole" un brano di Mina: "Se stasera sono qui, è perchè ti voglio bene". Deve averlo pensato anche l'anziano signore, che a fine primo tempo stringeva con forza il polso della moglie, sussurrandole a denti stretti: "E' l'ultima volta che mi porti a vedere una roba così". (Martino Villosio)<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />